Il problema della plastica: contesto, settore turismo e alcune soluzioni

Ciao! Hai mai sentito parlare di plastica e dei problemi ad essa legati nel turismo e non? Oggi ti parlo proprio di questo: di plastica. Cerchiamo di inquadrare il problema, confrontiamo alcune soluzioni proposte e vediamo due aspetti pratici della plastica per chi lavora nel settore turismo, in particolare nell’ospitalità.

Io sono Sara, consulente per il settore turismo e in questo sito parlo di turismo, sostenibilità, teoria e pratiche concrete per diventare un operatore o un’operatrice più sostenibile.

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Gli argomenti trattati in questo articolo
Da micro a maxi: comprendiamo le dimensioni del problema.

  • La prima fonte di rifiuti di plastica: il packaging;
  • la seconda fonte di rifiuti di plastica: i vestiti;
  • prodotti: la plastica anche nei cosmetici.

Il settore ospitalità.

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Da micro a maxi: comprendiamo le dimensioni del problema

Il problema della plastica è arrivato ad un livello tale che ci sono oramai tantissimi studi che indicano scenari catastrofici come i più plausibili in massimo 30 anni (2050). 

Ad esempio l’articolo del Washington Post “By 2050, there will be more plastic than fish in the world’s oceans, study says” nel gennaio 2016 menziona lo studio “The New Plastics Economy Rethinking the future of plastics”  del World Economic Forum.
L’articolo “Humans are putting 8 million metric tons of plastic in the oceans — annually” menziona ulteriori studi effettuati presso la University of Georgia.

Per una più recente menzione Greenpeace pubblica nel 2019 il report “THROWING AWAY THE FUTURE:HOW COMPANIES STILL HAVE IT WRONG ON PLASTIC POLLUTION “SOLUTIONS” da cui ho preso le conclusioni.

E l’articolo estivo del magazine Yes! 2021 illustra il problema della plastica, la sua evoluzione e le possibili soluzioni. 

Proprio questo articolo e la coerenza con il messaggio che esce dal film Seaspiracy mi ha ispirata a voler toccare l’argomento. 

Questo articolo non parla solo di turismo, perchè il problema della plastica è trasversale e va decisamente oltre questo settore. E’ però presente una parte specifica dedicata a cosa fare nell’ambito dell’ospitalità per contribuire a risolvere questa situazione.

Come abbiamo fatto ad accorgerci che la plastica stava diventando un problema? 

Beh purtroppo la maggior parte di noi se ne è resa conto perchè la situazione è diventata evidente: 

  • nelle nostre strade, 
  • sulle spiagge,
  • nelle campagne,
  • al supermercato o nei mercati più grandi delle nostre città. 

Fino a quando ci si è resi conto che questo disastro ha assunto dimensioni enormi in luoghi teoricamente lontani da tutto e da tuti in mezzo all’oceano: il Great Pacific Garbage Patch. 

Le Garbage patches (definite nel sito https://marinedebris.noaa.gov/info/patch.html#5) sono grandi aree dell’oceano dove si raccolgono rifiuti, attrezzi da pesca e altri detriti, noti come detriti marini. Sono formate da correnti oceaniche rotanti chiamate “gyres”. Si può pensare a loro come a grandi vortici che attirano gli oggetti.

I gorghi attirano i detriti in un luogo, spesso il centro del giro, formando “macchie”.

Ci sono cinque gyre nell’oceano. Uno nell’Oceano Indiano, due nell’Oceano Atlantico e due nell’Oceano Pacifico. Le chiazze di immondizia di varie dimensioni si trovano in ogni vortice.

La più famosa di queste chiazze è spesso chiamata “Great Pacific Garbage Patch”. Si trova nel giro del Pacifico del Nord (tra le Hawaii e la California).

“Patch” è un nome fuorviante, facendo credere a molti che si tratti di isole di spazzatura. Invece, i detriti sono sparsi sulla superficie dell’acqua e dalla superficie fino al fondo dell’oceano. I detriti variano in dimensioni, da grandi reti da pesca abbandonate a minuscole microplastiche, che sono pezzi di plastica più piccoli di 5 mm. Questo rende possibile navigare attraverso alcune aree della Great Pacific Garbage Patch e vedere pochissimi o nessun detrito.

Il problema maggiore e il motivo principale per cui i clean- up di tanti volontari entusiasti non sono sufficienti è il fatto che questa è solo la parte visibile del problema. Le microplastiche, frammenti inferiori ai 5 millimetri, sono state ritrovate, non solo in mare, ma anche nelle acque dolci, nei suoli e nell’aria che respiriamo.

Le plastiche ottenute da carburanti fossili hanno oltre un secolo. La produzione e lo sviluppo di migliaia di nuovi prodotti in plastica ha avuto un’accelerazione dopo la Seconda guerra mondiale, trasformando l’età moderna in modo così profondo che, oggi, la vita senza plastica sarebbe irriconoscibile.

Non vorrei essere fraintesa la plastica ha avuto e ha in alcune circostanze dei meriti assoluti, come menzionato dall’articolo Tutto quello che c’è da sapere sull’inquinamento da plastica di National Geographic. In particolare La plastica ha rivoluzionato la medicina con dispositivi salvavita, ha salvato vite con caschi, incubatrici e attrezzature per rendere potabile l’acqua e ha reso più semplice la vita a molte persone in difficoltà o sofferenza.

Le comodità offerte dalla plastica, però, hanno portato a una cultura dell’usa e getta che rivela il lato oscuro di questo materiale: oggi le plastiche monouso costituiscono il 40% di tutte quelle prodotte ogni anno.

La prima fonte di rifiuti di plastica: il packaging e l’utilizzo compulsivo del monouso che hanno generato dagli anni 60 circa  una modifica nel comportamento della società che fino ad allora era abituata al riutilizzo. (https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.1700782 ). Nella prossima sezione dedicata alla soluzioni trovi quelle in cui credo e che penso potranno essere molto interessanti da sviluppare nei prossimi anni.

La seconda fonte di rifiuti di plastica sono i vestiti. Certamente non sono neanche lontanamente paragonabili come quantità con i primi, ma sono secondo me molto importanti innanzitutto perchè parliamo di prodotti che stanno a contatto diretto con la nostra pelle, ma anche perchè l’impatto ecologico, economico e sociale di questo settore è esorbitante. In particolare considerando il fatto che molto spesso le industri di vestiario producono in Paesi Poveri e spesso questa è la fonte principale di reddito per moltissime famiglie. 

I processi produttivi e gli ambienti di lavoro devono essere sotto controllo per poter proteggere sia i consumatori che i produttori di questo settore, a partire dalle materie prime. 

Sono partita da questa pagina del magazine YES!

I primi due grafici illustrano la situazione ossia il fatto che il tessile sia la seconda fonte di rifiuti di plastica e il fatto che gran parte dei prodotti del settore abbigliamento siano fatti per la gran parte di plastiche. 

L’inforgrafica riporta i dati di un interessante report della Textile Exchange (Textile Exchange è una no-profit globale che crea leader nell’industria delle fibre e dei materiali preferiti).

Textile Exchange definisce una fibra o un materiale preferito come uno che risulta in migliori risultati e impatti di sostenibilità ambientale e/o sociale rispetto alla produzione convenzionale.

Questa terza infografica aiuta la decisione di quali fibre e tessuti scegliere volendo contribuire all’eliminazione della plastica nell’abbigliamento. 

Piu sostenibile

Meno sostenibile

canapa biologica 

lino biologico

cotone o lana riciclati

nylon o poliestere riciclato meccanicamente

cotone organico

lyoncell

nylon o poliestere riciclato chimicamente

lino o canapa convenzionale

fibre di acido polilattico

ramie

viscosa modal

poliacrilico

poliestere

viscosa di bambù 

cotone convenzionale

viscosa generale

rayon

spandex

nylon 

lana

I prodotti che contengono plastica sono di due tipologie principali: 

  • Prodotti di plastica che mostrano in modo esplicito il materiale di cui sono composti 
  • Prodotti che contengono plastica in modo non visibile e non sempre esplicito. 

Del secondo gruppo fanno parte prodotti per la cura e la pulizia della casa e i cosmetici prodotti che nascondono al proprio interno particelle di plastica, spesso senza che le persone se ne rendano conto. 

L’articolo Plastica nel make-up, serve una svolta del settore italiano della cosmesi di Greenpeace Italia e il report menzionato Il trucco c’è ma non si vede illustrano come anche in Italia alcune delle aziende più attente proprio sul versante packaging abbiano sbagliato utilizzando plastica nei propri prodotti.

Nel 79% dei 672 prodotti verificati online sono state trovato materie plastiche, il 38% delle quali era costituito da particelle solide note come microplastiche. Dall’indagine è emerso anche l’uso massiccio di polimeri in forma liquida, semisolida e solubile, i cui effetti sulle persone e sull’ambiente non sono ancora del tutto noti.

Il settore ospitalità cosa richiede? 

Gli obblighi del settore ospitalità sono di tracciare e indicare gli ingredienti con i quali sono prodotti gli alimenti per la colazione, i componenti del kit cortesia, i detergenti usati nella pulizia delle camere e zone comuni. 

Non è obbligatorio, ad esempio, l’utilizzo di prodotti monodose come le famosissime marmellate. Si sceglie di utilizzarle, generalmente, invece di proporre delle marmellate artigianali o fatte in case per facilità nell’individuare ingredienti e date di scadenza. 

Le soluzioni 

Il settore ospitalità cosa può fare? 

  • Abolire le bottiglie di plastica in vendita al bar, tenere bottiglie di vetro (restituibili) e proporre in alternativa delle borracce a chi cerca la bottiglietta per le escursioni.
  • Valutare alternative fattibili per la colazione che riducano i prodotti in monodose con conseguente involucro di plastica annesso.
  • Analizzare la propria situazione per capire quali alternative sono meglio per i propri ospiti. Ad esempio sostituire in bagno il sapone con un dispenser a riempimento (riduecendo la quantità di saponette incelofanate e soprattutto mai terminate e perciò da buttare via è fattibile? Che dispenser si possono trovare?

I miei ospiti purtroppo non sono stati in grado di usare senza rompere qualsiasi tipologia di dispenser da quelli EKOLN gres porcellato di ikea, quelli in latta ma nemmeno quelli in plastica (sempre meglio della mono dose). Ma non ci arrendiamo!

  • Scegliere tra le pochissime opzioni disponibili dispenser in plastica riciclata per doccia schiuma o shampoo.
  • riciclare , almeno internamente la plastica. 
  • Provare a lasciare a disposizione degli ospiti la possibilità di differenziare loro stessi, dopo 2 anni noi abbiamo rinunciato perchè quotidianamente dovevamo dividere carta, vetro e plastica e il resto della spazzatura lasciata sempre nei bidoni sbagliati. 
  • Dedicare un momento a settimana a questi argomenti per aiutare gli ospiti interessati a saperne di più e per coinvolgerli in un’azione di sensibilizzazione che potrà essere condivisa.
flacone-shampoo-doccia guest timeImmagine presa da www.linea-cortesia.it
questa è stata la prima linea di cortesia utilizzata in hotel

Le soluzioni migliori che possiamo (come società) adottare sono suggerite da Greenpeace

In generale è necessario che, proprio chi immette sul mercato globale le più grandi quantità di plastica usa e getta, ovvero le grandi multinazionali, riduca subito la produzione di plastica monouso investendo in soluzioni alternative basate sul riutilizzo e sulla ricarica che non prevedano il ricorso ad altri imballaggi usa e getta, indipendentemente dal tipo di materiale. 

Nello specifico le grandi aziende degli alimenti e delle bevande devono dare priorità alla riduzione, impegnandosi pubblicamente ed immediatamente ad eliminare la plastica monouso, partendo dalle tipologie di packaging superflue e più problematiche per il riciclo, riducendo il numero di imballaggi e contenitori in plastica immessi sul mercato; investire in sistemi di consegna alternativi basati sullo sfuso e sulla ricarica; essere trasparenti divulgando pubblicamente i dati sulla produzione di plastica. 

Troppo spesso le multinazionali hanno passato il compito al singolo individuo e come in precedenza spiegato la voglia dei singoli di fare meglio non può giustficare una non risposta da parte di chi richiede la produzioni di tonnellate di involucri mono uso per la consegna dei propri prodotti. 

Purtroppo il riciclo della plastica avviene solo per circa il 9% di tutti i prodotti creati. 

I sistemi di riciclo attuali non sono in grado di recuperare una quantità di materiale tale da ridurre la domanda di plastica vergine e di assicurare un adeguato smaltimento della crescente quantità di rifiuti prodotti. A livello europeo solo il 31 per

cento dei rifiuti in plastica raccolti nel 2016 sono stati effettivamente riciclati. Per alcune plastiche realmente riciclabili come il Polietilene tereftalato (PET) e il Polietilene ad alta intensità (HDPE) i tassi di riciclo sono ancora spaventosamente bassi: solo la metà del PET venduto viene raccolto per essere riciclato, e solo il 7 per cento delle bottiglie raccolte per il riciclo sono trasformate in nuove bottiglie. 

Gran parte del packaging in plastica è soggetto a “downcycling”: invece di essere

utilizzato per nuovi imballaggi in plastica riciclata, viene riprocessato per prodotti di qualità

inferiore non riciclabili.Inoltre sempre secondo il report di Greenpeace, produrre plastica vergine spesso costa meno rispetto a quella riciclata, è facile rendersi conto

che, anche se delle tipologie di plastiche sono tecnicamente riciclabili, non significa che saranno riciclate perché trovano difficile collocazione sul mercato. Pertanto, il riciclo può essere solo una soluzione parziale e di transizione verso una graduale eliminazione del packaging.

Nel report si trova anche spiegato in dettaglio come mai le alternative come plastica bio e carta non sono consiogliabili in un’ottica di soluzione di lungo periodo. 

https://www.greenpeace.org/static/planet4-italy-stateless/2019/10/7ad0fe02-greenpeace_ilpianetausaegetta_sintesi_ita.pdf

La soluzione che ognuno di noi può continuare a sviluppare: utilizzare prodotti riutilizzabili. Yes! Racconta e suggerisce come passare dalla parole ai fatti. 

  • Scopri dove puoi trovare un negozio  o supermercato con prodotti sfusi e inizia a frequentarlo. Prova piano piano ciò che ti incuriosisce dai prodotti per la casa al cibo. 
  • Scopri dove puoi trovare una casetta dell’acqua e una casetta del latte, spesso non sappiamo nemmeno che ne abbiamo a breve distanza da casa. 
  • Ritrova il mercato settimanale (o bi settimanale) e scopri cosa viene venduto! A Como ad esempio a seconda delle zone puoi trovare ilmercato dei produttori locali, quello biologico o quello normale. 
  • Informati su questi argomenti quando puoi e in particolare sulle tue marche preferite. 


Chiedi alle tue marche di fare meglio e di fare di più. 

Ti faccio un esempio. 

Ho sempre adorato l’erbolario come marca per i cosmetici da anni sto attnta al mio consumo di plastica ad esempio utilizzando bottiglie di vetro, borracce, ecc. Da circa un anno e mezzo sto testando shampoo solidi. Ho trovato un negozio Erbolario a Como a cui ho parlato di questo mio interesse e ricerca e da quest’estate è presente uno shampoo solido che da qualche giorno sto sperimentando. Forse sarà stato casuale l’arrivo dello shampoo solido, ma sono convinta che come individui ciò che possiamo fare sia scegliere con più attenzione. 

In questi giorni infatti passerò al setaccio i miei cosmetici, shampoo ecc per verificare la presenza di plastica al loro interno. 

Dalla mia esperienza c’è un abisso tra ciò che si può acquistare come cittadini privati e ciò che si può scegliere come attività, ma le cose stanno migliorando anche in questo secondo caso e anche per l’hotel parlo, chiedo e mi informo il più possibile per trovare le soluzioni migliori per noi, i nostri ospiti e l’ambiente. 

Le fonti di informazioni utilizzate sono: 

Siti per approfondimenti in italiano e inglese