Inquinamento digitale cos'è e come ridurlo??
Le ragioni che mi hanno spinta a voler sapere di più in merito all’argomento inquinamento digitale sono:
- la semplicità di gestione delle attività quotidiane online,
- la conoscenza del funzionamento di siti e piattaforme (server, richiesta energetica, necessità di materie prime),
- la maggiore digitalizzazione avvenuta negli ultimi 2 anni,
- la voglia di smettere di tagliare alberi per la carta e
- la realtà in cui siamo immersi (tutti al telefono, tutti a mandarci foto, messaggi vocali e altro semplicemente attraverso il telefono) e che sfruttiamo ormai da anni (ne è prova ad esempio il ruolo del social media manager, ne ulteriore prova l’importanza di essere sulla messaggistica istantanea come whatsApp e telegram anche per le aziende).
E’ troppo bello per essere solo positivo ed utile, dove sono le criticità?
Perché nessuno ne parla mai?
Ci voglio provare io, naturalmente dopo essermi informata e aver approfondito l’argomento.
Inquinamento digitale cos'è?
L’inquinamento digitale è quel fenomeno causato dalle emissioni di CO2 prodotte nella produzione, smaltimento e utilizzo di risorse (ICT) Information and communication Tecnologies, ossia in Italiano tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
L’inquinamento digitale copre tutto ciò che facciamo con la rete. Non parliamo solo di produzione e smaltimento di dispositivi tecnologici, ma anche e utilizzo cioè di tutto ciò che riguarda i dati: conservazione, spostamento, costruzione e sviluppo più o meno efficiente dei siti web, pesantezza delle immagini, video, streaming ecc.
I dati (file audio, video, immagini, pagine di siti web) occupano uno spazio virtuale (il server) e vengono trasferiti all’IP di un utente ogni qualvolta lo richiede. Tutto ciò implica un costo energetico.
Per quanto riguarda i siti, i consumi sono in funzione di quante volte viene richiesta una data pagina e quanto questa pagina risponde in modo efficiente alla chiamata.
Se pensiamo che i server Google, da soli, contengono 70 trilioni di pagine, iniziamo a farci un’idea dell’ordine di grandezza della mole di dati che viaggia quotidianamente nel web.
Il grosso dell’inquinamento digitale proviene proprio dai data center dove le big tech immagazzinano i dati e gestiscono i processi operativi indispensabili per garantire i propri servizi.
Quali sono le cause dell’inquinamento digitale?
Alla base dell’inquinamento di internet c’è l’anidride carbonica emessa durante lo scambio di dati o dai sistemi elettrici necessari per far funzionare i data center dei principali servizi digitali.
I data center in cui vengono immagazzinati ed elaborati i dati consumano dalle 10 alle 50 volte più energia per metro quadrato rispetto a un ufficio tradizionale. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, i data center sono responsabili per circa l’1% della domanda mondiale di energia.
Un’altra questione importante riguarda l’energia necessaria per il funzionamento degli impianti di raffreddamento. La società di telecomunicazioni Verizon ha usato il maching learning per gestire il raffredamento risparmiando 55 milioni di kilowatt-hours di energia per anno attraverso i suoi 24 data center.
Oltre alle emissioni di gas a effetto serra, va aggiunto l’impatto dell’estrazione, della raffinazione dei metalli e del loro smaltimento (ricordiamo che nel pianeta esistono 34 miliardi di smartphone, computer, game console e televisori e il numero sembra destinato a crescere).
L’estrazione dei metalli oltre che essere una risorsa finita usata per produrre gli smartphone, è legata alla distruzione dell’ambiente e allo sfruttamento di manodopera minorile e illegale.
C’è poi un interessante fenomeno sottolineato da Françoise Berthoud, ricercatrice francese presso il Centro Nazionale Francese per la Ricerca Scientifica (CNRS), secondo cui l’aumento di efficienza in una determinata tecnologia (in termini di tempo necessario, energia utilizzata, spazio fisico o di memoria occupato) genera un nuovo bisogno incrementale. In altre parole , i risparmi di efficienza saranno sempre del tutto o parzialmente controbilanciati. Il fenomeno prende il nome di effetto rimbalzo e il suo impatto a livello ambientale è indiretto e più difficilmente misurabile, ma insito nel nostro modello economico di crescita.
Alcuni esempi
Solo per il fatto di possedere un telefono vengono emessi 1015 chilogrammi di CO2, pari a due auto che percorrono 3.200 chilometri di strada. E questo solo per produrlo. Naturalmente poi chi possiede un telefono lo utilizza.
Ecco quindi che possiamo aggiungere al calcolo dell’anidride emessa:
- 19 grammi di CO2 per ogni mail mandata;
- 16 grammi per ogni messaggio (Whatsapp, Fb, Ig, etc…) mandato;
- 8grammi in media di CO2 emessa per ricerche su Google.
A questo dobbiamo aggiungere streaming, e-commerce, cloud, photo e tutte le altre azioni che quotidianamente compiamo sia con lo smartphone, sia con il tablet, sia con pc.
Netflix -e i suoi consumi pari a 450 mila megawatt orari- assieme a Amazon Video contribuiscono ad un terzo delle emissioni prodotte dallo streaming online. Altra grande fetta va invece a Youtube. Per rendersi meglio conto dei dati che stiamo dando, basta pensare ad una hit popolare. Ad esempio il video della canzone “Despacito” con i suoi 7 miliardi di visualizzazioni- ha prodotto più di 250 mila tonnellate di CO2.
Tutti questi dati vengono contenuti in tantissimi data center (Google ne ha un milione e 100 000 sparsi per il mondo). Questi non solo hanno bisogno di moltissima energia per funzionare, ma ne richiedono altrettanta per essere raffreddati. E questo è uno dei problemi maggiori.
Sembra strano però non trovare in tutti questi elenchi la CO2 emessa per ogni telefonata fatta. Ho scovato questa informazione nel sito Grazie.it di Grazie Natural. Grazie Natural è il brand di carta ecologica lanciato nel 2011 dal gruppo Lucart. Sono felice di menzionarla perché è la stessa che uso in hotel.
Un sms o una chiamata di un minuto hanno un basso impatto ambientale, poiché generano solamente 0,014 grammi di CO2.
I peggiori siti internet
Karma Metrix è stato utilizzato da AvantGrade.com come una sorta di «misuratore del web CO2», per stimare quanta anidre carbonica immettono nell’atmosfera alcuni siti web campione, in diversi settori.
Le valutazioni sono stimate per il sito quando ha 100.000 visite mensili, significa che se il tuo sito ne ha meno la valutazione è da rivedere.
Il sito web del Ministero dell’ambiente italiano produce in un anno CO2 per almeno il 30% in più rispetto alle emissioni medie di un sito web.
Il sito del WWF produrrebbe, infatti, oltre il 340% di anidride carbonica in più rispetto alla media e la percentuale si abbassa di poco, al +228%, per le pagine web di Fridays For Future.
Misurando le emissioni di anidride carbonica prodotte dai siti dei grandi brand dell’energia, dell’agroalimentare, dell’automobilistico i dati rimangono in molte occasioni al di sopra della media.
Secondo il «misuratore del web CO2», infatti, i siti di Enel ed Eni Gas e Luce produrrebbero rispettivamente il 133% e l’89% di emissioni di anidride carbonica in più rispetto alla media; quelli di Barilla e Ferrero tra il 129% e il 236% in più; quello di Peugeot il 136% in più.
Tra i settori più sensibili a ridurre l’impatto ambientale derivato dall’avere un sito Internet ricco di immagini e media o da cui gli utenti possano fare acquisti sembrerebbe esserci, infine, la moda.
Hugo Boss (-31%), Louis Vitton (-40%), Yves Saint Laurent (-48%), Fendi (-74%). Non mancano sicuramente aziende che meno sembrano aver investito nel rendere energeticamente più efficienti i propri siti web: quello di Moncler è responsabile di oltre il 950% di emissioni di anidride carbonica in più rispetto alla media e le percentuali scendono ma solo di poco nel caso di Zegna (+842%) e Givenchy (+780).
Come ridurre?
Può essere utile il decalogo di Ale Agostini, Direttore Generale di AvantGrade con semplici regole da attuare. Mi piace molto lo stile provocatorio delle domande, per questo motivo l’ho riportato fedelmente.
- Meno foto meno inquinamento: i cellulari oggi hanno sistemi di back-up che replicano le tue foto in un cloud. Quante foto a cui tieni veramente hai sul cellulare? Non mentire, lo sappiamo tutti e lo sai anche tu, che delle 1359 foto in galleria in realtà 817 sono doppie, triple o quadruple e almeno 100 sono state scattate per errore magari nella tasca dei tuoi jeans. Quindi regola nr.1: cancella le foto non usate una volta al mese
- Scegli consapevolmente: ora che sai che alcuni siti inquinano meno di altri, fai una scelta consapevole! Tra due portali con le stesse caratteristiche scegli quello meno impattante! Puoi fare la prova su https://www.avantgrade.com/quanto-inquina-il-tuo-sito-web
- Cloud è meglio: se ti dovesse venire in mente di spedire la Bibbia per mail, ti prego non farlo. Ci sono sistemi di cloud super efficienti come ad esempio Wetransfer che invieranno i tuoi file super mega pesanti, ottimizzando l’energia per il trasferimento dei dati.
- Streaming si, ma solo se ti svolta la giornata: quante volte ti capita di addormentarti guardando una serie tv su Netflix e risvegliarti dopo che hai già “visto” 3 stagioni? Ecco, pensa che 30 minuti si streaming producono fino a 59 g di CO2!
- Mail del 1992? Forse la puoi cancellare: direi che questo punto non ha bisogno di spiegazioni. Io e te sappiamo Anche qui, come per le foto, basta poco. Dedica un giorno al mese per pulire la tua casella mail.
- Le APP che APPesantiscono: le app che hai sul tuo smartphone, anche se non le apri dal 1902 consumano energia e scambiano dati. Cancella le app che non usi e scarica solo quelle di cui hai bisogno.
- – Inquinamento digitale + libertà: web meeting è stata la parola all’ordine del giorno durante i periodi di smart working. Qui apri bene le orecchie perché ti stiamo fornendo la “scusa” più vera che esista. Se ti sei svegliata 10 minuti prima di una riunione e sei ancora in pigiama proponi di non accendere la videocamera e spiega agli altri partecipanti che il video attivo consuma molti più dati di una chiamata senza webcam!
- Verba volant scripta manent: questa moda dei vocali deve finire. E anche qui ti stiamo fornendo un assist incredibile. Dì a tua mamma di smettere di mandarti vocali e foto del “buongiorno” e di tornare al buon vecchio messaggio di testo scritto perché consuma molto molto meno.
- Backup? Si ma solo uno: se hai smartphone, pc, tablet, non serve duplicare o triplicare i back-up su più piattaforme cloud. Non solo perché inutile ma perché raddoppierebbe lo spazio di memoria occupato e di conseguenza il consumo di energia.
- Mille finestre per due occhi: va bene avere qualche finestra aperta, ma se lo schermo del tuo pc è praticamente una voliera, c’è qualcosa che non va. Anche se sei amante del multitasking, fai un favore all’ambiente e chiudi un po’ di finestre che non usi per aiutare a ridurre l’inquinamento digitale.
Soluzioni interessanti
Fortunatamente non ci sono solo cattive notizie oggi. Sono attivi progetti e soluzioni per migliorare l’inquinamento digitale da noi prodotto. Vediamone alcuni.
Una strategia è aumentare la durata dei dispositivi.
- Fairphone, per esempio, offre telefoni progettati con componenti modulari cosi da poter essere facilmente riparati.
- Teracube, invece, con un involucro completamente biodegradabile, offre una garanzia di 4 anni.
L’Australia recupera i metalli preziosi
Oro, conduttori elettrici, metalli rari: un tesoro nascosto nei dispositivi elettronici che, nella maggior parte dei casi, va perso.
Non è così in Australia, dove è stata creata quella che la fondatrice Veena Sahajwalla definisce una «miniera urbana», ovvero un laboratorio in grado di disassemblare e riutilizzare le parti utili di smartphone, computer e televisori e di riciclare le altre.
Vetro e plastica vengono fuse e usate nell’industria della ceramica e nella stampa in 3D.
Ci sono poi progetti molto stimolanti come ReUseHat volti a ridurre l’inquinamento digitale. L’iniziativa è stata finanziata da fondi europei e ha come scopo l’ideazione di sistemi per il riutilizzo di sprechi di calore urbani. Esistono già esempi di utilizzo. Uno tra questi è la piscina di un quartiere di Parigi che viene riscaldata sfruttando il calore dei server informatici.
Fonti
Inquinamento digitale – Sadesign.it
Anche i social inquinano – Tgcom24
Il digitale inquina più degli aerei – Europa Today
Inquinamento digitale dati – InsideMarketing.it
Cos’è l’inquinamento digitale e cosa fare per ridurlo – www.ptqs.it
Quanto inquina la nostra vita digitale e cosa possiamo fare – ilsole24ore.com
CLickclean, Find out if your favourite apps are powered by renewables or dirty energy! www.clickclean.org
How To Be Both Digital And ‘Green’ At The Same Time – Forbes.com
Sara – consulente per il turismo
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